La vita è una vittoria dopo la resa

George Frederic Watts, Endymion (1903)

ho un domestico senso di essere fuori tempo
migrato su un caravanserraglio di sopravvissuti
a guerre troppo intime per ammettersi battuti

di tutte le cose che mai sapremo
un gran bisogno sempre avremo
così strimpellava il cantastorie irtocrinito
che s’avvampirava di notti e birra sfinito

affamati i suoi fantasmi, dissetate le mie vene
con il sangue di lei versato su candide lenzuola
stropicciate il dì di festa in su per giù su
mi sugge, questa cavernosa voragine d’amore

folle al tatto nervosa all’ascolto placata in uscita
libera da falle lasciate in passaggi preveggenti
non nel senso di cosa vien dopo ma prima
sia ben chiaro a chi scommette sulla pelle

quel che oggi è morbido e liscio non sarà
che pietra ruvida e fredda, mia compagna diletta
dalla nascita a viver cieca come noi tutti costretta

non resta che attendere senza pensar ch’è un’attesa
né dirsi niente ma cantar vittoria pure dopo la resa.

La vita è una vittoria dopo la resa – Versione audio:

[da Cicatrici e altre incarnazioni, WIP Edizioni, Bari, 2015, p. 76]

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9 pensieri su “La vita è una vittoria dopo la resa

  1. Della recensione di Tocqueville, così attuale e preziosa, ma anche degli altri scritti di commento ai fatti politici, materia in cui navigo da lungo tempo in una sofferta, complessa esperienza romana ai vertici, dal fatale 1991-92, Le sono specialmente grato. Ritrovo una originalità, acutezza, ma soprattùtto una serenità di analisi, fuori dal coro forsennato degli scontri faziosi, cui assistiamo.
    Sono carente,come già Le dissi, in Poesia. Scarsamente acculturato in musica. Mi affido supinamente alle felici sensazioni, alla bellezza, al piacere indotte da lettura ed ascolto.
    Curiosamente, ho tralignato dalla tradizione paterna. Mio padre, processualista civile, era come Lei attratto dalla CULTURA a tutto tondo, POESIA, MUSICA, LETTERATURA, STORIA e quanto altro. Rammento, a stento, una insistita debolezza per Salvatore Di Giacomo, che declamava con godimento, a memoria (era napoletano). Perdoni le banalità.

    1. Gent.mo De Stefano,
      La ringrazio per quanto mi scrive e per aver voluto condividere suoi ricordi paterni.
      Sono lieto di ritrovare in quanto mi scrive ciò che cerco di fare come analista politologico, ossia una disamina che cerchi di addentare la nuda realtà dei fatti, senza farmi troppo condizionare da pregiudizi e risentimenti.
      Un carissimo saluto,
      DB

  2. Stupendo e sofferto il testo, come la canzone. Un sentimento etereo che diventa carne e sangue, un sogno da cui non ci si vuole svegliare. Non é mai cieco chi crede e offre se stesso alla vita. Con coraggio, senza resa.
    Mi ricorda un bel film con una dolcissima canzone, “City of Angels”.
    Per amore si rinuncia all’immortalitá, perché é esso stesso eterno.
    Grazie Danilo, mi sono rivista il mito di Endimione, che Canova scolpí mirabilmente.
    Buona fine settimana anima grande!
    Lorella

  3. Poeta, hai scelto Endimione a simbolo della cecità indotta da una vita che si trascina, senza che si voglia essere quel che si è costretti ad essere.
    Selene, crudele e gelosa, indusse quel sonno, quella cecità per non spartire il suo amore con nessuno, neppure con colui che amava, che doveva essere inconsapevole e senza volontà.
    Non è così per te che hai un domestico senso dell’esser fuori tempo, che non ti fai convincere dal cantastorie mentitore ed hai pietà per colei il cui sangue fu versato su candide lenzuola.
    Lei non era cieca come ci dice il menestrello, lei dormiva per sopportare il dolore perché anche in lei c’era quella cavernosa voragine d’amore che era uguale alla tua.
    Poeta, abbandonati all’ignoto della vita che mai ti farà sapere cosa ti darà in futuro, non per rassegnazione o voglia di non conoscenza ma perché solo così ogni cosa resterà morbida e liscia, non trasformandosi mai in pietra ruvida e fredda.
    Tu lo sai Poeta ed Infatti concludi così:
    “non resta che attendere senza pensar ch’è un’attesa
    né dirsi niente ma cantar vittoria pure dopo la resa”.

    Mi hai regalato un’emozionante momento Danilo. La poesia lenisce le ferite che ci portiamo dentro, rende la vita degna d’essere vissuta. Bellissimi e scelti a perfezione il quadro e la canzone che si fondono perfettamente con il tuo canto.
    Un grande abbraccio.
    Annamaria

  4. e infine questa. Come vedi sono prolifico, mi sta ispirando Flegetonte in questi giorni:

    UN POGGIO, UNA CROCE

    (un paese ci vuole. 26 giugno 2015.
    Omaggio a Grassina)

    menestrello in una corte
    di carta incerta
    d’in su la vetta
    d’un’antica torre
    in un gioco di re
    di rime con te
    si addensano euforici ragazzi
    a un progetto di viaggio
    un libro, un paese,
    la solida realtà della solidarietà.

    Così è mia cara
    ho appresp se ti pare
    a rimare
    e remare anche
    con un’arcana canoa
    in tramonti aggettivati
    nel fuoco lungo di un borratino.

    Neri fogli(e) scritte
    per l’emozioni
    preferibilmente silenziate
    d’un felice genitore
    rex genitus facundus
    con te poi, cara, e ora
    per il tanto di te desiderio
    mi gonfio e scrivo nel mattino
    macino parole righe pagine
    nel rarefatto pulviscolo di un’alba
    che tra poco scoppierà
    di luce, campane, versi in libertà.

    Non basta vadano a capo
    parole, non si dà poesia
    con sillabanti assonanze
    crepuscolari assuefazioni
    in limitare di strofa.

    Quandanche fossimo pianura e colline
    Quantunque io abbia due belle regine
    al mio fianco, in un reame bianco
    di crema chantilly
    mi sento come
    se tu non fossi ora qui
    e io ora lì.

    Un acufene,
    un poggio, una croce
    la luna, i falò
    Nuto e Anguilla, Elisa e Casebasse.

    Tra le langhe e questo chianti
    chilometri tanti ma la luna è la stessa
    tiene la memoria, un filo di voce
    per il troppo bere, mi duole un rene.
    Applausi.

  5. e anche questa

    GHIACCIOLO ALLA MENTA

    quando sarai al culmine della tua ispirazione
    non dirai più
    parole
    già ora levi aggettivi
    levighi versi.
    La tua poesia
    diverrà musica distillata
    del cuore, di vita.
    Finché vivrai
    vorrai scorgere albe
    dentro il tuo imbrunire, uomo.
    Un’anima che rallenta
    un ghiacciolo alla menta
    in un giorno d’estate

  6. Bravo, sempre più complimenti, Danilo. Hai notizie di come prosegue l’antologia di Daniela Monreale e Torricelli sui/dei poeti del Valdarno? Ti faccio omaggio dell’ultima delle mie liriche estive:

    TELEFONGESELLSCHAFT

    Tariffate pure i minuti della nostra vita
    per il vostro profitto sudicio.
    Calcolate il vostro nulla
    in funzione dei nostri attimi
    E qui?
    Siamo dentro brividi sopra onde di follia
    bordeggiando un abisso quale che sia
    insondabile
    gittando ponticelli di ottimismo
    preghiere
    sperare e avanti!
    C’è forse altro da fare?
    Con rime corrive
    parole
    aforistici sprazzi
    nelle crune di senso
    un filo di vita.
    O nani
    O nanini
    O nanetti
    Onanistici
    Onanistici
    Onanettistici
    Seguitando a declamare versi spastici
    Sulle spalle stanche dei giganti noti
    Remoti figli di.
    Un futuro smollato

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