ancora nei paraggi

Masaccio, La cacciata dei progenitori dall’Eden (part.; 1424-25 ca.)

ancora nei paraggi di un addio tu sei
ancora, prenotato allo stato di abbandono
quando il tutto è parola e non più abbraccio

analfabeta di cuore la chiamasti di notte
tra il rumore sordo di un’estasi infeconda,
dolcemente intenzionata ma dal residuo amaro,
lei che candida si fece e diafana come di vetro
e come di vetro fragile e, se infranto, sai che taglia

così ora mi rinchiudo nella casa dei disastri
e questa adotto come patria e scuola del mio cuore
che, dopo ferite di vetro, balbetta quasi fosse il suo.

ancora nei paraggi – Versione audio:

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6 pensieri su “ancora nei paraggi

  1. Poeta, quel vetro tagliente che solo un’anima abbandonata e dolente può produrre, ha ferito anche te. La ferita non si rimargina. Tu l’accetterai perché quando è finito il tempo degli abbracci e le parole prevalgono, questo è il destino, anche quello dei poeti. Abiti ora la casa dei disastri, in cui ti relegasti cercando assurdo riposo. Il tuo cuore ne uscirà, non più balbettante, ma conscio d’aver imparato un alfabeto nuovo per il nuovo amore che ti prenderà.

    Magnifica, Danilo, non so dire altro: proprio magnifica.
    Grazie. Ti abbraccio forte.
    Annamaria

  2. È bellissima e come sempre, del resto, le tue poesie. C’è un senso di amore, di perdita, di ritrovarsi a perdere, una malinconia particolare, un senso di amarezza che resta,
    una fragilità che può fare male. È avvolgente, si legge d’un fiato. Poi te l’hanno pure tradotta, bellissima soddisfazione, bravo bravo che sei… Un saluto grande.
    Adua

  3. Ammirata. Una potenza evocativa sgorga dai tuoi post da costringere a riletture plurime, in modo da apprezzarli appieno.

  4. Devo dire ancora che la Poesia porta con sé, possente, il segno del “tragico”.
    Quella “casa dei disastri”, questa nostra povera terra nella quale siamo scaraventati dal cielo. Eppure è qui che gli uomini vivono e lottano invano e lo sanno. Tertium non datur.
    Complimenti
    Giancarlo

  5. Caro Danilo,
    non è a caso che quasi tutte le tue poesie siano precedute da un’immagine e spesso anche da musica cosicché chi vede e legge e ascolta le comprende e le pensa, perchè la parola dà credito all’immagine stessa. Posso sbagliarmi, mi correggerai, ma pensando alla rivoluzione totale di Artaud, questo tuo modo di far poesia è tipico dell’arte surrealista (che era una rivoluzione surrealista del surrealismo) che mentre Artaud applicava al teatro, alla pittura e al cinema, tu la usi nella poetica. Questa ricerca di una cultura unitaria, spirituale e pur così corporea, che penso di vedere da parte tua, non è certo una critica, che non esiterei a farti, anche se con grande rispetto. Invece è per me una gradita novità e cosa appassionante: è un tornare indietro per andare avanti in questo panorama di razionalismo “sombre” che ci avvolge, in questa “brume” di democrazia totalizzante-totalitaria per la quale anche l’arte, il pensiero, ne paga le conseguenze.
    Ciao, Giancarlo.

  6. carissimo danilo, è una poesia così grande e schiacciante, che l’ho tradotta in 10 minuti, come se fosse mia, in russo e ho pubblicato su FB i due testi a fronte.
    GRANDE!!!
    Valery Sirovsky

    Ты всё еще рядом с прощай навсегда
    Всё еще обречённый на забвение
    Когда всё – слово, и более не объятие

    И безграмотное сердце завет её ночью
    В глухом шуме бесплодного экстаза
    Нежного, но с горьким осадком
    А она становится ясной и прозрачной
    Как стекло: разбившись, как известно, режет…

    Так что я замкнусь в приюте бед
    Приют мне станет родиной и школой сердца, которое,
    Порезавшись стеклом, бормочет что-то, словно не моё, Твоё.

    [ricevo dall’amico Valerio Sirovsky, e pubblico con grande piacere e riconoscenza. DB]

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