Fuoriuscita

Marcel Duchamp, Étant donnés: 1. La chute d’eau (1946-66)

Limpida e virale è la smania di te
che taglieggi ogni mia incursione
che sorteggi il prossimo venuto;
mio malgrado devo dirti addio
ch’è la strada quel che parve il nido;
la solita questione della porta non chiusa:
dischiusa, socchiusa, dipende.
M’è fatale scoprire, quand’è, un’uscita.

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3 pensieri su “Fuoriuscita

  1. caro Danilo, è bella, intensa: la confessione di un’emozione. Entrare-ritrarsi… è come estasi-dolore e ancora, ancora, finché la porta, quella porta che mai si scorda, si chiude per sempre.
    La ferita, quella non si chiude mai.
    Saluti, Giancarlo

    1. Caro Pantera,
      se vuoi sperare, tentare, di essere un poeta nel senso più alto e pieno della parola, devi apparire sempre autobiografico in quel che scrivi, nel senso che devi trasmettere una scarica elettrica in chi ti legge, ti ascolta. Il poeta non può non vivere, in qualche modo, a qualche livello, tutto ciò che scrive. Devo sentirselo dentro, come se l’avesse vissuto da sempre, per sempre. Può averlo anche vissuto, in parte, in toto, ma non basta. Non è diaristica, è poesia. Devi intercettare quel che vi è nell’eterno umano, anche quando ti sfiora appena. Intercettarlo, possederlo e ridarlo in forma di canto. Autobiografico e universale, al contempo, senza soluzione di continuità.
      Un abbraccio,
      DB

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