L’ideologia jihadista è totalitarismo traslato

DA MEDITARE/3
Un brano da Václav Havel, Il potere dei senza potere (tr. it. La Casa di Matriona-Itaca, 2013, pp. 37-38; un testo scritto nel 1978 quando il blocco sovietico era ben saldo nel suo dominio totalitario e Havel un “dissidente” tenuto sotto stretto controllo dalla polizia):

Il direttore del negozio di verdura ha messo in vetrina, fra le cipolle e le carote, lo slogan: “Proletari di tutto il mondo unitevi!”.
Perché l’ha fatto? Cosa voleva far sapere al mondo? È davvero personalmente entusiasmato dall’idea dell’unione fra i proletari di tutto il mondo? Questo entusiasmo è così forte che sente il bisogno irrefrenabile di comunicare all’opinione pubblica il suo ideale?
Ha riflettuto, almeno per un istante, sul modo in cui questa unione dovrebbe realizzarsi e cosa significherebbe?
Io penso che per la stragrande maggioranza degli ortolani si possa supporre che in fin dei conti non riflettano sul testo degli slogan esposti nelle loro vetrine e tanto meno che con essi vogliano esprimersi sulla loro visione del mondo.
Lo slogan è stato consegnato al nostro ortolano dall’azienda insieme alle cipolle e alle carote, e lui l’ha messo in vetrina perché sono anni che lo fa, perché lo fanno tutti, perché si deve fare così. Se non lo facesse potrebbe avere delle grane […]. Lo ha fatto perché questo gesto gli permette di riuscire a campare; perché è una di quelle mille “piccolezze” che gli garantiscono una vita relativamente tranquilla “in sintonia con la società”.
Come si può notare, il contenuto semantico dello slogan esposto è indifferente all’ortolano e, se lo espone in vetrina, non lo fa certo perché arde dal desiderio di far conoscere il suo pensiero all’opinione pubblica.
Questo non significa che il suo gesto non abbia né motivazione né significato e che lo slogan non dica niente a nessuno. Lo slogan ha la funzione di
segnale e come tale contiene un messaggio preciso anche se nascosto. A parole suonerebbe così: io, ortolano X Y, sono qui e so che cosa devo fare; mi comporto come ci si aspetta che faccia; di me ci si può fidare e non mi si può rimproverare di nulla; io sono ubbidiente e ho quindi diritto a una vita tranquilla. Questo messaggio naturalmente ha il suo destinatario, mira in alto, ai superiori dell’ortolano, al tempo stesso gli serve da scudo per difendersi da eventuali delatori.
[…] Riflettiamo: se gli ordinassero di esporre lo slogan: “Ho paura e per questo obbedisco senza fiatare”, non sarebbe così remissivo nei confronti del contenuto semantico del messaggio, anche se questa volta coinciderebbe perfettamente con il significato nascosto dello slogan. Verosimilmente l’ortolano rifiuterebbe di esporre nella propria vetrina un’indicazione così esplicita della sua umiliazione, si sentirebbe mortificato, si vergognerebbe. È comprensibile: è pur sempre un uomo e quindi ha il senso della propria dignità.
Per superare questa complicazione, la sua professione di lealtà deve acquistare la forma di un segnale che, almeno nell’apparenza del testo, rimanda al livello superiore che esprime una convinzione disinteressata. […] Il segnale, quindi, aiuta a nascondere all’uomo i fondamenti
infimi della sua obbedienza e quindi anche i fondamenti infimi del potere. Li cela dietro la facciata di qualcosa di elevato.
Questo qualcosa di
elevato è l’ideologia come modo apparente di rapportarsi al mondo, che dà all’uomo l’illusione di avere un’identità, una dignità e una moralità, e così gli rende più facile non averle; l’ideologia come imitazione di qualcosa di “sovrapersonale” e di disinteressato che gli permette di ingannare la propria coscienza e mascherare davanti al mondo e davanti a se stesso la sua condizione reale e il suo inglorioso modus vivendi”.

Ebbene, Havel scriveva queste riflessioni dopo aver già subìto diversi fermi e interrogatori, nonché la condanna a 14 mesi con la condizionale a tre anni per “sovversione” e “danneggiamento degli interessi della repubblica all’estero”, inflittagli per aver contribuito alla nascita del movimento Charta 77 per i diritti civili e averne diffuso il documento programmatico. Il 27 aprile 1978 si sarebbe poi affiancato a Charta il neonato Comitato degli ingiustamente perseguitati (VONS), sorto per aiutare giuridicamente e materialmente le vittime della repressione e le loro famiglie.

Ebbene, sostituiamo le parole “proletari di tutto il mondo unitevi” con “Allahu Akbar” e l’ideologia del comunismo sovietico o “socialismo reale” con l’ideologia dell’islamismo radicale e jihadista. Sostituendo i termini il prodotto non cambia. Abbiamo dunque la prefigurazione di un totalitarismo traslato. Si pensi allo Stato islamico (IS), termine-concetto che è un ideale oltre che uno stato reale e, a seconda del territorio di riferimento, l’acronimo diventa ISIS se si considerano i territori di Siria ed Iraq, o ISIL, se si considerano i territori iracheni e di Al-Sham (antica denominazione di Damasco e dei territori circostanti).
“Traslato”, letteralmente: trasferito, trasportato. In altro contesto, religioso (anche se di una religione fortemente politicizzata), e in altra area del pianeta, l’Africa, il Medio Oriente, il subcontinente indiano, in parte anche l’Indonesia. L’ortolano potrebbe essere del nordest della Nigeria, di Falluja o di Peshawar. Lo stato di polizia, il medesimo per struttura ed effetti sulla dignità umana. Distrutta. L’uomo di fede si sottomette a Dio, non a chi se ne arroga la rappresentanza. Così dovrebbe essere.

Un’ultima domanda: siamo proprio sicuri che siamo noi la civiltà malata? Oppure l’integralismo islamico e la deriva jihadista e terroristica non sono forse il sintomo di una grave crisi che sta attraversando il mondo musulmano? Il più recente, tremendo massacro compiuto dal gruppo di miliziani integralisti denominato Boko Haram (che letteralmente significa “l’educazione occidentale è peccato”) ha mietuto qualcosa come 2000 vittime tra gli abitanti della città di Baqa, nel nordest della Nigeria. Città che, secondo fonti della Bbc, sarebbe stata completamente devastata, con le case date alle fiamme. Di fatto non esiste più. Musulmani che uccidono altri musulmani in nome dello stesso Dio, però diversamente interpretato. Si uccidono tutti coloro che non si sottomettono. Una sorta di neocolonialismo, stavolta contro l’Occidente. È per questo che c’è chi esulta sotto i baffi: sono i nostalgici del fascismo, del nazismo o del comunismo. Di coloro che hanno perso la guerra contro la democrazia liberale, laica, borghese e costituzionale, ma continuano ad odiarla e così tifano per i nuovi distruttori. Il loro ragionamento, questo sì irrimediabilmente nichilista, molto più di quello che addebitano all’Occidente in cui sono nati e cresciuti, un’Occidente senz’altro relativista ma non ancora suicida, è il seguente: “muoia Sansone e tutti i filistei!”. Se il nazismo e il comunismo hanno fallito, tanto vale che vada in fiamme l’intera Europa, con l’aggiunta di quell’America che ha contribuito in modo decisivo alla disfatta di entrambi. Le fiamme dell’inferno jihadista, vendicatore di nazisti e comunisti e magari anche di qualche frustrato e depresso dal materialismo consumista dell’Occidente capitalista. Qui si annida il collaborazionismo europeo-occidentale all’integralismo islamista. Ma non c’inganniamo: una Parigi “decadente” non sarà mai così decaduta come una qualsiasi città che finisca sottomessa al dominio di talebani o quaedisti o miliziani dell’ISIS. La crisi si origina e si alimenta in casa musulmana, dove da anni divampa una guerra civile che va dalla Nigeria al Pakistan. Le guerre occidentali in Afghanistan e Iraq hanno finito per fare il gioco dell’integralismo e ingrossato le file della Jihad, è indubbio, anche per i tempi e i modi del disimpegno bellico obamiano, ma le prime e ultime vittime dell’islamismo radicale e sanguinario sono e saranno sempre i popoli di fede musulmana. Non saranno certo Al Qaeda o l’Isis a cancellare o ridurre povertà e oppressione tra quei popoli e in quelle terre. Il loro obiettivo è un regime di sottomissione totale non dissimile da quello contro cui insorsero di dissidenti come Václav Havel

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8 pensieri su “L’ideologia jihadista è totalitarismo traslato

  1. Caro Breschi, apprezzo e condivido tanto le osservazioni di Havel quanto le Sue. Forse il Suo discorso sulla crisi in seno al mondo islamico – del quale jihadismo e Boko Haram sono le realtà peggiori e più impressionanti, cui per fortuna se ne contrappongono altre ben più civili – è collegabile a quello di Severino (oggi sul Corsera et aliunde) sull’importanza di scienza e tecnica. In altre parole, l’occidentalizzazione all’interno del mondo islamico che jihadisti e Boko Haram vorrebbero impedire ad ogni costo potrebbe essere in sostanza l’aspirazione, probabilmente insopprimibile, ad una civiltà dotata della potenza tecnologica dell’Ovest. In questa prospettiva, è non solo auspicabile ma probabile che a lungo andare gli oscurantisti non riescano a prevalere, nonostante la sciagurata, tremenda violenza cui ricorrono. Di certo, l’Occidente non può limitarsi a fare conto sulla parte più aperta del mondo islamico, ma deve anche stare bene in guardia nei confronti della parte peggiore.
    Cordiali saluti

    1. Gent.mo Satta,
      grazie anzitutto per l’apprezzamento. Condivido il fatto che l’Occidente non può solo affidarsi alla parte più aperta del mondo islamico, anche perché questa non si sta ancora manifestando a sufficienza. Possiamo aiutarla in ciò, ma occorre anche stare in guardia contro la parte peggiore di quel mondo, come appunto Lei dice. Come? E qui sorge il problema dei problemi. Una diversa politica estera, europea ed americana, potrebbe aiutare. Non isolando Putin, anzitutto, col rischio di alimentare un divisione nel mondo cristiano, tra cattolici e protestanti da una parte e ortodossi dall’altra. Si favorirebbe così l’integralismo islamico che ha nella persecuzione dei cristiani e nell’indebolimento della Federazione russa nell’area caucasica due dei suoi obiettivi strategici.
      Sul piano culturale, beh, difficile dire. Teniamo solo conto che anche quella islamica è una cultura, “e non meno forte della nostra, perché basata sulla fede e quindi più elementare ma più salda”, per riprendere le giuste considerazioni contenute in un articolo di Giordano Bruno Guerri. Una cultura dogmatica, essenzialmente. Da prendere alla lettera, o no? Ma anche la lettera, per definizione, va interpretata, o no? Su questa sfida tutta interna alla natura e finalità della religione islamica dovremo sintonizzarci anche noi occidentali, pungolando i musulmani pacifici e integrati in Europa e in Occidente ad esprimersi e a marcare anche con gesti e opere concrete, quotidiane, un fossato incolmabile tra loro e i loro correligionari integralisti e jihadisti. E torniamo così al punto di partenza.
      Prima di tutto, però, occorre fermare l’avanzata dell’ISIS e di Boko Haram. Stanno seminado l’orrore in Medio Oriente ed Africa. Ha sentito della bambina trasformata in kamikaze? Quell’orrore va fermato. Il prima possibile.
      DB

      1. Caro Danilo, prendo spunto dalla tua citazione della Russia, per un pensiero sulla Cina, che può svolgere una funzione di controllo del fondamentalismo in Oriente; e poi c’è il problema Turchia: la sua grande potenza militare, vogliamo averla con noi o con l’IS? in periodi come questo, è fondamentale una saggia gestione della politica estera da parte dell’Occidente: ma te la vedi o no? La Russia è di fatto il paese cristiano meno propenso ad abbandonare la tradizione, forse perché l’ha ritrovata da poco, sepolta sotto decenni di comunismo: non si può isolare Putin solo perché è più conservatore! o anche questo fa parte del cupio dissolvi della nostra civiltà?

        1. Caro Franco, ci vuole realismo, soprattutto in politica estera.
          No realismo, no politica estera saggia, lungimirante ed efficace. E l’assenza di realismo, tanto in politica quanto in filosofia, è la causa di tanta disgregazione e decomposizione sociale, morale, culturale. Se protratto troppo a lungo, l’idealismo, in politica come in filosofia, si rovescia in ideologia totalizzante o in solipsismo paralizzante.
          Ne riparleremo.
          Un abbraccio,
          DB

  2. Complimenti Professore per l’ottima scelta del testo di Havel: apprezzo il Suo modo inciso, esaustivo e – mi consenta l’esoressione -“garbato” di trattare argomenti così “gravi” e attuali.

  3. Caro Danilo,
    grazie per le analisi in cui hai reso chiaro e condivisibile la tua e la nostra posizione
    Stefano

  4. Il totalitarismo di matrice islamica è agli antipodi dei valori morali fatti propri dalla nostra Costituzione repubblicana. La Costituzione condanna ogni totalitarismo, e garantisce i diritti inviolabili di tutti, e non ha solo un contenuto antifascista, come si insegna nelle scuole, e nella televisione di Stato, con chiari intenti propagandistici, per identificare i partiti così detti antifascisti con i più genuini garanti della Costituzione, facendo dimenticare il loro passato comunista, che si è identificato con la negazione più assoluta di quei valori. Quei valori devono dunque essere apprezzati e vissuti da tutti, perché per tutti sono stati enunciati, indipendentemente dall’antifascismo.

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