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Al Quirinale? Sabino Cassese…

Con le dimissioni di Giorgio Napolitano è iniziata ufficialmente la corsa al Quirinale. Si comincia il 29 gennaio alle ore 15 con la prima votazione. Fino alla terza è richiesta, secondo Costituzione, la maggioranza qualificata dei 2/3 dell’assemblea, composta dal Parlamento riunito in seduta comune a cui si aggiungono i delegati “grandi elettori” regionali (tre per ogni regione, eccezion fatta per la Valle d’Aosta che ne porta solo uno). Dalla quarta votazione è sufficiente la maggioranza assoluta.

Ovviamente, il toto-nomi è partito immediatamente. Non da oggi, ma almeno da quando sono circolate le voci sulle imminenti dimissioni di Napolitano, poi confermate ufficialmente dallo stesso diretto interessato. Ora però siamo alle scommesse vere e proprie. Ed ecco che può risultare persino divertente provare a dire la propria, per quel poco che vale. Faccio un nome che unisce l’ideale col reale, nel senso che indico una personalità che stimo e mi piacerebbe vedere al Quirinale ma che potrebbe effettivamente soddisfare una serie di requisiti richiesti da sempre, e oggi più che mai, alla figura del Presidente della Repubblica Italiana. Ma soprattutto una personalità che potrebbe far convergere su di sé una sicura maggioranza assoluta. Non quella qualificata, stante l’attuale composizione del Parlamento, i numeri delle forze politiche in esso presenti, che sono poi gli stessi dell’aprile 2013. La qual cosa mette un po’ di brividi, se si pensa alla tragicommedia, con risvolti da psicodramma, consumatasi tra il 18 e il 20 aprile di due anni fa. Tre giornate che sembrarono interminabili e in cui si consumò ulteriormente la già scarsa credibilità della politica partitica italiana.

Chi è dunque questa figura che potrebbe evitare di arrivare ad una situazione di completo stallo e assoluto imbarazzo istituzionale come quella che si verificò due anni fa? Sabino Cassese. Giurista e giudice emerito della Corte Costituzionale, è uno studioso affermato a livello internazionale di materie senz’altro cruciali per la vita politica di uno Stato, come diritto pubblico dell’economia e diritto amministrativo, materie che ha insegnato in molte università italiane, concludendo il proprio cursus honorum presso la prestigiosa Scuola Normale Superiore di Pisa, dove è professore emerito di Storia delle istituzioni politiche. Aggiungo: un giurista tutt’altro che privo di conoscenza e coscienza storica e storiografica, il che ne acuisce la sensibilità politica e il senso dell’importanza delle istituzioni in un contesto sociale e culturale, ancor prima che politico, come è quello italiano. Ha poi ricoperto dal 1987 al 1991 la carica di presidente dell’European Group of Public Administration e collaborato con l’OCSE per la riforma delle amministrazioni pubbliche dei Paesi dell’Europa centrale ed orientale.

Cassese compirà 80 anni il prossimo 20 ottobre, e dunque ha un’età che si addice alla carica presidenziale, stante gli ultimi due casi di Ciampi e Napolitano. Non risponde dunque alla nuova moda dei “giovani al potere”, inaugurata da Renzi, ma proprio a questi Sabino Cassese potrebbe togliere molte castagne dal fuoco. Potrebbe anzitutto rinsaldare ulteriormente il Patto del Nazareno, perché Cassese non dovrebbe dispiacere affatto a Berlusconi, che potrebbe vedere in lui una sicura figura di garanzia anche per l’opposizione. Comunque non si tratta di personalità che si sia distinta nel precedente ventennio per antiberlusconismo militante. Ciò ovviamente rassicura l’ex Cavaliere, che deve poter dire di aver contribuito all’elezione di un candidato non “di sinistra”, non dichiaratamente, almeno, e non di partito. È stato anche Presidente della Commissione di indagine sul patrimonio immobiliare pubblico dal 1985 al 1987 durante il governo Craxi.

Il Patto del Nazareno sta tenendo, anche nei passaggi parlamentari più ostici, come confermano l’iter che sta avendo la nuova legge elettorale nonché altri episodi di votazioni in aula in cui a sostegno del governo si registra spesso il contributo decisivo dei deputati o senatori di Forza Italia. Se Renzi ottenesse un Presidente della Repubblica ben voluto anche da Berlusconi avrebbe fatto bingo, e quel primo tempo che ipotizzavo essere agli sgoccioli potrebbe prolungarsi almeno per tutto il 2015, in attesa dell’entrata in vigore della nuova legge elettorale. A prescindere dai dati che usciranno sullo stato dell’economia italiana durante l’anno in corso.

Cassese, inoltre, risponderebbe alla perfezione a quell’identikit che emergeva ieri, 14 gennaio, dall’articolo di Stefano Folli, uno degli editorialisti attualmente più vicini al Quirinale, colui che fu il primo a pronosticare le imminenti dimissioni di Napolitano. Scriveva ieri Folli che “l’arbitro” di cui ha parlato nei giorni scorsi Renzi sarebbe una figura istituzionale “con ottima conoscenza dei meccanismi della politica e della macchina dello Stato”. Chi meglio dunque di Cassese, tra l’altro Ministro della Funzione Pubblica tra il 1993 e il 1994 durante il governo tecnico di Carlo Azeglio Ciampi? Che non sia poi un nome di grande risonanza, soprattutto nel mondo della politica, non può che essere un ulteriore punto di forza in tempi di antipolitica e con un presidente del consiglio che non vuole certo qualcuno che possa fargli ombra, ma semmai coadiuvarlo.

In queste ultime ore sta circolando molto il nome di Walter Veltroni. L’impressione, che potrebbe essere benissimo smentita dai fatti, è che si tratti di una mossa tattica. Non dico proprio uno specchietto per le allodole, ma un possibile nome per tamponare, o meglio aggirare, quella che potrebbe essere una trappola tesa dalla minoranza PD, che nel segreto del voto per il Presidente potrebbe cercare una qualche rivincita sul presidente del consiglio, o comunque un suo indebolimento, e che trovando intesa con Movimento Cinque Stelle, SEL e qualche altro elettore tra le forze di opposizione (ad esempio, i cosiddetti “fittiani” tra le file di FI), lancerebbe un Romano Prodi, ad esempio, sin dalla prima votazione. Il rischio, se così si può dire, sarebbe quello paventato da Maria Teresa Meli sul “Corriere della Sera” di un paio di giorni fa, e cioè che “giunti al quarto scrutinio, per il premier sarebbe difficile non sposare il nome del fondatore dell’Ulivo. Il quale non verrebbe comunque eletto, ma in compenso sulla sua candidatura si infrangerebbero il patto del Nazareno e anche la stabilità della legislatura”.

Veltroni sarebbe dunque l’antidoto ad ogni tentazione di riproporre Prodi, fermo restando che, personalmente, ho qualche perplessità che quest’ultimo abbia davvero voglia di essere rigettato nell’agone dell’elezione presidenziale dopo quanto successo due anni fa, quando venne “impallinato” dai famosi, o famigerati, 101 franchi tiratori all’interno del PD. Una ferita che ancora brucia, almeno credo. L’unica smentita mi potrebbe venire da una voglia di vendetta del fondatore dell’Ulivo. Con l’elezione di Prodi, però, il rischio di una crisi di governo potrebbe aumentare, a quel punto. Perché, piaccia o no, più passa il tempo e più si vede chiaramente come il governo Renzi tragga linfa dal sostegno indiretto e discreto del partito di Berlusconi, suggellato dal Patto del Nazareno. Resta questa la mossa vincente iniziale su cui il giovane segretario fiorentino ha potuto giubilare anzitempo Letta. Un Prodi al Quirinale potrebbe guastare questo sodalizio.

Una candidatura Cassese, infine, renderebbe un po’ più difficile un’opposizione netta e gridata della Lega Nord, la quale dovrà comunque tenere conto del ruolo e del peso che ha ormai il Presidente della Repubblica. Cassese potrebbe dare meno problemi o creare comunque minori imbarazzi rispetto a tanti altri nomi, di provenienza squisitamente partitica. Ed è questo un punto di forza che tale candidatura avrebbe anche nei confronti dei Cinque Stelle, i quali paiono aver già dichiarato di non gradire il giudice emerito della Corte Costituzionale, ma hanno anche dichiarato di non volere assolutamente candidati che siano espressione del mondo dei partiti. Cassese potrebbe pacificare il PD, le cui divisioni riemergono puntualmente in occasione di votazioni a scrutinio segreto.

Potrebbe ricompattare, temporaneamente, una Forza Italia non più così monolitica. Avrebbe sicuramente il sostegno delle forze “centriste” (UDC di Casini e NCD di Alfano, che hanno creato Area Popolare, a cui si aggiungo Scelta Civica e il gruppo Per l’Italia-Centro Democratico). Come scriveva ieri su “Il Sole 24 Ore” Lina Palmerini: “hanno più di cento voti. Centoquindici, o forse 118, che potrebbero anche salire di qualche decina. È la pattuglia dei centristi che ha numeri affatto trascurabili da giocare nella partita per il Colle. Soprattutto perché offrono al premier garanzie che né il Partito democratico né Forza Italia sono in grado di dare. Non vogliono le urne, sostengono Matteo Renzi e il suo Governo”. In conclusione, scriveva Palmerini, “quello dei centristi si presenta come un pacchetto sicuro per il premier”. Sicuro e potenzialmente decisivo. Richiede però un nome ad hoc.

Che sia Sabino Cassese? Avremo presto la risposta. Le vie al Quirinale sono quasi infinite. Nel frattempo ho preso parte anch’io al toto-Quirinale. Ogni tanto è divertente partecipare ad una lotteria.

Sabino Cassese