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I colpevoli, e il Canto che redime

Matthias Grünewald, Il Cristo deriso (1505 ca.)

spezziamo il pane
per la tua riconciliazione con noi
noi i chiamati a nuove scelte
rette inclinate dallo zero verso il disastro

con rame e spine forgiamo le maschere
per coprire l’assenza di un volto esploso
a carponi tastiamo un deserto oscurato
noi che invochiamo un dio guastato.

[da “La Cura del Tempo”, FirenzeLibri, 2005, p. 34]

Ringrazio l’amico Lorenzo Puliti per avermi segnalato questa cover di una celebre canzone dei Nine Inch Nails, “Hurt”. La versione di Johnny Cash, che muta peraltro un verso, da “I wear this crown of shit” in “I wear this crown of thorns”, è da brividi per la commozione pura che ti provoca e che ti conficca dritto nel cuore pulsante di quel mistero che è la vita. Cash rovescia tenebre tremule in una luce accecante ma ferma, che sta lì e che scalda, fin dentro, le tue ossa e il midollo spinale. Qualcosa che ti scortica, ti fa uscire di pelle per piazzarti meglio altrove, dove più si conviene. Dai Nine Inch Nails a Johhny Cash: dal vuoto lasciato da un’emorragia di senso alla forza di canto e visione che riavvia una paziente opera tesa come corda di chitarra bene accordata a ricolmare quel vuoto, a recuperare senso, a dare speranza, a far capire che questa è davvero l’ultima a morire, e la prima a nascere, solo se comprendi che ha un nome, ed è amore. Qualcosa che ha più dell’agape che dell’eros. Qualcosa che fai ricadere dai tuoi occhi sulle cose, sugli sguardi che incontri. Qualcosa che da maniera si fa sostanza. E il metodo è la via per giungere, lo dice l’etimo della parola stessa.
Una grande anima, Johnny Cash, che sbuca dagli occhi e si incarna nella voce. Guardate il video, ascoltate, comprenderete cosa intendo…
Buona Pasqua.