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Post-Elezioni 2013/ Adesso: o le riforme o lo sbraitante Grillo sparlante, pifferaio magico di un’Italia confusa

Nel suo più recente intervento sul sito di “RdP online” Antonio Capitano ha invocato come auspicabile “un reset che possa condurre ad una nuova legge elettorale e poi subito al voto”. Mi permetto di dissentire garbatamente e in modo argomentato.

Non è la legge elettorale la priorità di questo momento. Fermo restando la necessità di eliminare le liste bloccate e reintrodurre le preferenze (oggi utili, forse, ieri no, domani chissà!), un sistema elettorale che preveda in un modo o nell’altro un meccanismo di premio di una coalizione va pensato anche per il futuro, stante una situazione che vede oramai le maggiori forze politiche faticare a superare il 25-30% dei consensi su scala nazionale. Fatta la legge, una situazione di malcontento generalizzato e dilagante troverà sempre modo di esprimersi elettoralmente e, se l’idea è sfasciare tutto, non c’è sistema di selezione e rappresentazione dell’opinione pubblica che tenga. E se lo si trova è assai peggio ancora, perché la protesta cercherà canali extra-istituzionali.

E poi stiamo parlando di un movimento politico, quale quello costruito e diretto da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio (l’esperto di marketing e strategie di rete), che fa dell’antico mito della democrazia diretta e del giacobino appello al “Popolo”, rigorosamente con la P maiuscola, un ritornello con cui assecondare il peggior plebiscitarismo che tramuta ogni anelito democratico nel già visto demagogismo autoritario. Magari condito da qualche frasetta parapoetica o simil-eroica, magari occhieggiando al buon vecchio Che Guevara che fa sempre “cool”…

Beppe Grillo non è nuovo, è un enorme semplificatore favorito da un grave abbassamento del livello culturale dei cittadini di questo Paese. Il suo successo è un altro figlio della stagnazione che indubbiamente sta ammalando da decenni l’Italia e che di recente si è aggravata e di cui il Movimento a 5 stelle si nutre denunciandolo con rabbiosa intransigenza. Va detto che la forza gli giunge da gravi e persistenti ottusità altrui. Rispolvera l’altro vecchio ritornello della lotta di classe, indubbiamente favorito da una crisi economica che, mal gestita tra Berlusconi e Monti, sta allargando la forbice tra ricchezza e povertà. Lo traveste solo sul piano generazionale, perché sa chi è il suo pubblico, e da bravo teatrante modula in funzione di esso. E riceve milioni di applausi che sfogano rabbia, ora motivata ora ideologica.

Il meccanismo è chiaro e semplice, di una grandissima efficacia in tempi di pensiero binario alimentato da ragionamenti da talk show televisivi. Lo si può leggere nel messaggio postato il 26 febbraio da Grillo sul suo sito: “Gli italiani non votano a caso, queste elezioni lo hanno ribadito, scelgono chi li rappresenta. In Italia ci sono due blocchi sociali. Il primo, che chiameremo blocco A, è fatto da milioni di giovani senza un futuro, con un lavoro precario o disoccupati, spesso laureati, che sentono di vivere sotto una cappa, sotto un cielo plumbeo come quello di Venere. Questi ragazzi cercano una via di uscita, vogliono diventare loro stessi istituzioni, rovesciare il tavolo, costruire una Nuova Italia sulle macerie. A questo blocco appartengono anche gli esclusi, gli esodati, coloro che percepiscono una pensione da fame e i piccoli e medi imprenditori che vivono sotto un regime di polizia fiscale e chiudono e, se presi dalla disperazione, si suicidano. Il secondo blocco sociale, il blocco B, è costituito da chi vuole mantenere lo status quo, da tutti coloro che hanno attraversato la crisi iniziata dal 2008 più o meno indenni, mantenendo lo stesso potere d’acquisto, da una gran parte di dipendenti statali, da chi ha una pensione superiore ai 5000 euro lordi mensili, dagli evasori, dalla immane cerchia di chi vive di politica attraverso municipalizzate, concessionarie e partecipate dallo Stato. […] Si profila a grandi linee uno scontro generazionale, nel quale al posto delle classi c’è l’età. Chi fa parte del gruppo A ha votato in generale per il M5S, chi fa parte del gruppo B per il Pdl o il pdmenoelle. Non c’è nessuno scandalo in questo voto. È però un voto di transizione”.

E quest’ultima frase è tutta da decifrare. Ah no! già! ho capito: ci attende ancora la rivoluzione, civile, pacifica, la “svolta epocale” dei cittadini che si riprendono lo Stato… il Popolo da un parte, i sanguisuga della Casta dall’altra. Ma poi, credete veramente che gli elettori si siano distribuiti così come Grillo descrive? Se sapesse, Beppe, quanti del gruppo A hanno votato il miliardario Berlusconi… anche stavolta. E non escludo che un bel po’ di gruppo B abbia votato lui, il Grillo. Qualche esempio ce l’avrei.

E prosegue Grillo: “Le giovani generazioni stanno sopportando il peso del presente senza avere alcun futuro e non si può pensare che lo faranno ancora per molto. Ogni mese lo Stato deve pagare 19 milioni di pensioni e 4 milioni di stipendi pubblici. Questo peso è insostenibile, è un dato di fatto, lo status quo è insostenibile, è possibile alimentarlo solo con nuove tasse e con nuovo debito pubblico, i cui interessi sono pagati anch’essi dalle tasse”. Ma qui non riesco più a seguirlo, e non si capisce la relazione logica, in termini di politica e di economia: “È una macchina infernale che sta prosciugando le risorse del Paese. Va sostituita con un reddito di cittadinanza”. Ma cosa c’entra il reddito di cittadinanza con l’obbligo statale di pagare ogni mese milioni e milioni di pensioni e di stipendi? Boh, basta buttarla in vacca!

E il nostro Grillo conclude spiegando quale sia il suo, il “loro”, maggiore auspicio, il maggiore favore politico che potrebbe ricevere dagli avversari: “Nei prossimi giorni assisteremo a una riedizione del governo Monti con un altro Monti. L’ammucchiata Alfano, Bersani, Casini, come prima delle elezioni. Il M5S non si allea con nessuno come ha sempre dichiarato, lo dirò a Napolitano quando farà il solito giro di consultazioni. Il candidato presidente della Repubblica del M5S sarà deciso dagli iscritti al M5S attraverso un voto on line. Passo e chiudo. Sta arrivando la primavera. Ripeto: sta arrivando la primavera”. Evviva il subcomandante Beppe!!

La classe politico-parlamentare nazionale ha peccato di un’autoreferenzialità eccessiva, fino alla sordità che ha condotto all’esito di queste ultime elezioni che vedono quale primo partito un movimento guidato da una specie di Santone telematico-plebiscitario che ha trovato nel web lo strumento per raccogliere e incantare come il Pifferaio della fiaba dei fratelli Grimm un gruppo di giovani, ora in buonafede ora in stato d’animo inacidito da stato di disoccupazione o da assenza di ideologie rivoluzionarie pret-à-porter. Questo gruppetto di baldi giovanotti ha avuto l’abilità e la fortuna di intercettare un’ondata di malcontento esploso con la crisi economica e aggravata dalla pochezza morale e intellettuale di gran parte della classe dirigente (non solo politica).

Su questa cecità e sordità della classe dirigente dell’ultimo ventennio (e oltre) siamo tutti d’accordo. La campanella è suonata, forte, fortissima, nel pomeriggio del 25 febbraio 2013. La ricreazione è finita, da tempo! Mi auguro che Pd e Pdl si siano svegliati e che tutti gli opinion-makers che si dicono sinceramente democratici e, spero, anche liberali, si adoperino perché queste istituzioni repubblicane sappiano finalmente riformarsi in sintonia con il senso di realtà che ci lega agli accordi europei e alle compatibilità di bilancio. E alla necessità di modernizzazione infrastrutturale che ci assilla.

L’unico vero auspicabile “reset” sta nel varo di una serie, numerata e circoscritta, di riforme che partano dai tagli drastici ai “costi della politica” (dai rimborsi elettorali al dimezzamento del numero dei parlamentari), producano una severa legge anticorruzione e che subito giungano ad alcune fondamentali riforme costituzionali, dall’eliminazione del bicameralismo perfetto all’introduzione della sfiducia costruttiva, per esempio.

Se invece si continuerà a traccheggiare da parte del Pd e del Pdl e l’oligarchia partitica si dimostrerà ancora e definitivamente tale, tutta presa dai veti incrociati, dalla delegittimazione reciproca per continuare poi nella spartizione delle residue prebende, nella irritante dimenticanza del “paese reale”, si gonfierà a dismisura il mostro dell’antipolitica e del populismo fanfarone e pericolosamente confusionario, oscillante tra una forma di leghismo in salsa ambientalista e anarcoide nonché hi-tech e utopie da modernariato ideologico. Adesso non è più un’ipotesi ma una realtà di oltre 160 deputati nel Parlamento, cuore delle nostre istituzioni politiche.

Al Pd l’iniziativa, al Pdl la replica, senza che il Pd appaia il “pdmenoelle”, come dice Grillo. Non sarà facile, anzitutto dal punto di vista tecnico del funzionamento di una maggioranza governativa. E anche se Pd e M5S trovassero un qualche accordo, non sarà una luna di miele, a meno che il Pd non voglia snaturare la propria originaria ragion d’essere e riattizzare la latente guerra civile nel Paese e ridare a Berlusconi lo scettro dei moderati e il dominio del Nord. Non basta la legge sul conflitto di interessi a fondare una coalizione o formare una maggioranza di governo del Paese. Tanto meno a produrre il cambiamento di cui l’Italia ha bisogno.

Se si riuscisse però a varare un pacchetto di dieci riforme che spazino dai costi della politica al mercato del lavoro (alcuni robusti ritocchi alla legge Fornero) alle riforme costituzionali, anche il voto grillino sarà servito alla democrazia. E gli stessi deputati a cinque stelle dovrebbero votarle. Si rivelerebbero così quel pungolo positivo e costruttivo che non si trovava più all’interno dei partiti tradizionali. Benissimo. Li attendiamo al lavoro parlamentare. Il tempo dei “No” e dei “Vaffa” è finito, altrimenti si dimostreranno anch’essi inutili.

In caso contrario, scopriremo quanto poco simpatica sia una vera e propria crisi di sistema e assenza di governo. Anche se gli italiani, sotto sotto, l’hanno sempre cercata, memori di quel che facevano prima del 1861. Ma cerchiamo di essere una volta tanto orgogliosi del nostro Risorgimento e non mettiamoci nelle condizioni di essere commissariati dai tedeschi. Basta quanto accaduto dopo l’8 settembre 1943. Speriamo stavolta di non avere gli ennesimi King Makers che non sono all’altezza della situazione. E facciamo gli scongiuri: questa è la diciassettesima legislatura…!!