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L’uomo di Panebianco: automa e spirito, tra individuale e collettivo

recensione apparsa su «L’Indice», XXVI, n. 12, dicembre 2009, p. 35

ANGELO PANEBIANCO, L’AUTOMA E LO SPIRITO. AZIONI INDIVIDUALI, ISTITUZIONI, IMPRESE COLLETTIVE, pp. 264, € 25, il Mulino, Bologna 2009

Nel titolo scelto da Panebianco, suggerito da un pensiero di Pascal, si coglie il senso della sfida intellettuale racchiusa nel libro. Tutti noi siamo sia “automa”, in quanto fortemente condizionati da abitudini, usi e costumi, sia “spirito”, cioè libero intelletto e libero volere. Più precisamente, le “abitudini” sono il contesto istituzionale, la “rete” nella quale ciascuno di noi si muove sin da piccolo e il nostro volere è fortemente influenzato da atteggiamenti costantemente sottoposti all’interazione con gli altri. L’importante è non dimenticare che le istituzioni sorgono “per effetto dell’aggregazione di azioni individuali”.
Altrettanto essenziale è la consapevolezza che quelle stesse istituzioni, una volta consolidate, condizionano le azioni successive. Non esistono però attori collettivi, nel senso di entità dotate di intenzioni e volontà in sé autonome, individuabili e misurabili. “Noi non interagiamo con le istituzioni”, scrive Panebianco, “interagiamo con altri individui”, perché solo con le persone c’è scambio e/o scontro di idee e passioni. Secondo la lezione di Alfred Schutz, l’interazione faccia a faccia è il fondamento di tutti i rapporti che gli individui intrattengono con la realtà sociale circostante. Non bisogna però dimenticare che nel passaggio dal micro al macro operano sempre organizzazioni fondate per ragioni strumentali, cioè per raggiungere scopi. Quando nell’organizzazione si produce una “infusione” di valori, allora scatta l’istituzionalizzazione: l’organizzazione è fine e non più solo mezzo.
Resta comunque valida la premessa: ogni spiegazione deve essere “microfondata”. Sulla base di un’ampia ricognizione della letteratura esistente, Panebianco ritaglia il proprio personale kit di approcci, teorie e metodi per potenziare la ricerca politologica contemporanea e renderla più feconda di risultati cognitivi utili ed efficaci. Per non mortificare la realtà sociale con la modellistica pseudo-empirica che inquina sovente le scienze sociali.