Il respiro della notte

El Greco, El Soplón (1571-1572)

Queste notti a cerniera
mi aprono al giorno mi chiudono
il giorno, luce buio luce
sicché lo sguardo ho trasfuso
nel bianco abbagliante della fine.

E, in attesa, apro chiudo le notti,
il portiere dell’albergo da cui tutti si passa.

Nella notte perdo i confini
e con essi l’orizzonte,
nella notte perdo i confini
e così mi dilato,
nella notte perdo i confini
e, d’accordo, vi aderisco
e il mio e il suo respiro sono uno.

È nella notte che m’accorgo
che tutto è in un grumo:
la vita, la morte.

Quel che lega l’una all’altra
è la storia: mia, tua,
di ciascuno di voi.

Vorrei provare a cantarla,
e che di me resti almeno il canto.

Il respiro della notte – Versione audio:

[da La Cura del Tempo, FirenzeLibri, 2005, p. 11]

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7 pensieri su “Il respiro della notte

  1. Molto bello l’incipit e
    le parole che fanno da metafora alla vita e alle storie.
    E la notte resta un bel confine in cui chiudersi ed aprirsi.
    Bella davvero.

  2. Mi piace tantissimo.
    Perché la notte ha questa forza, ci tiene così vivi?
    Si può cantare la notte?
    Mistero è ciò che resta..

    Grazie… 🙂
    Ad.

  3. … la sensibilità ci porta a sentire troppo …e ci riduce a ricettori esasperati della natura… poeti

  4. La notte si può cantare, tu l’hai cantata dopo averla sentita nei sensi e nella mente, come più poeticammente non si poteva. Io, non poeta, mi limito ahimè a dormirla

  5. Anch’io Danilo amo la notte, in cui si “perdono i confini” e “ci si dilata”, in cui si possono unire i respiri, dentro la quale si possono far correre i sentimenti, dai più belli ai più tetri.
    Il pensiero della mia morte che, onestamente, non mi angoscia ancora a 29 anni, mi terrorizza comunque, pensando a chi si è portata via e, durante la notte, questo sentire può farsi pressante ma: “E’ nella notte che m’accorgo / che tutto è in un grumo: / la vita, la morte”. Grazie Poeta.
    Magnifico commento musicale.
    Tanti saluti Danilo
    Annamaria

  6. Caro Danilo,
    intensa e accorata è la poesia che ci rivolgi, a noi che siamo, leggendoti, i tuoi Ippolito Pindemonte.
    “Anche la speme/ ultima Dea, fugge i sepolcri”. E’ per questo che l’uomo non potrà negarsi l’illusione che in qualche modo ancora, pur mortale, potrà mantenerlo in vita.
    “sol chi non lascia eredità d’affetti / poca gioja ha dell’urna”, ma il poeta ha il suo canto, l’unica, ma preziosa eredità, che lascerà a coloro che lo hanno amato.
    Con affetto, Giancarlo

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