La libertà non è licenza assoluta: ma proprio ora?

Ho letto con piacere e, per mia richiesta e previa autorizzazione degli autori, pubblicato su questo blog gli interventi dell’amico e collega Dino Cofrancesco e dei suoi interlocutori (Pietro Grilli di Cortona e Paolo Bonetti; cliccare sui nomi per rivedere i rispettivi dibattiti).

Dopo aver letto e meditato i suoi interventi e il commento dell’amico Franco Biagioni al dibattito tra Cofrancesco e Bonetti, avverto la necessità di aggiungere una breve considerazione. Premetto di trovare molti punti di condivisione con Grilli di Cortona e Bonetti, anche se in linea di principio e secondo teoria non mi trovano lontano buona parte di quanto è stato argomentato, con tagli, spazi e sensibilità politico-culturali diverse, da Cofrancesco e Biagioni.

L’unica mia forte perplessità sta nel fatto che ho assistito al sollevarsi di un dibattito su libertà e limiti del suo esercizio, o meglio: responsabilità nel suo esercizio, all’indomani di un attentato terroristico che dire vile è meno che nulla. Aggiungendo che i cosiddetti “fatti di Parigi” non si sono esauriti con la strage nella redazione di “Charlie Hebdo” ma hanno visto anche uccidere alcuni poliziotti per strada, lì per caso di passaggio, magari finiti dopo aver implorato pietà una volta feriti, nonché una strage dentro un mercato di prodotti kosher, cioè un luogo frequentato prevalentemente da ebrei. Strage compiuta per colpire ebrei in quanto ebrei. Insomma, trovo falsante e avvilente introdurre il tema del rispetto delle credenze religiose “altrui”, come ha fatto per primo il papa Francesco, con scelta a dir poco inopportuna, stabilendo un esplicito collegamento con i fatti di Parigi (il Papa ha infatti risposto ad una domanda su quanto era accaduto una settimana prima nella capitale francese).

Certe argomentazioni poste ora con tale vis polemica e intellettuale inducono il comune cittadino a pensare che: 1) si arretri sul diritto di libertà di espressione (dunque, di pensiero, parola, stampa, ecc. ecc.) per paura di ritorsioni violente; 2) oppure, si possa essere giustificati se ad una satira o sberleffo, anche pesante, ricevuta su proprie credenze care e intime si reagisce con violenza.

La teoria politica è davvero “teoria”, sguardo penetrante e veritiero, quando è anche davvero “politica”, ossia associata al contesto, dal momento che l’arte politica è propria del regno della contingenza, altrimenti è solo filosofia pura. Lì c’era solo da condannare, se si hanno a cuore il rispetto della vita e della libertà di pensiero. In seguito, del tutto svincolato dagli eventi, si può semplicemente riprendere quello che tanti autori e filoni politico-culturali – anzitutto laico-liberali – hanno da decenni e decenni, talora secoli e secoli, sostenuto e difeso il seguente principio: la libertà non è liceità, o licenziosità. Scoprirlo quando ti ammazzano, è come andare a dire ad uno caduto a terra, ormai moribondo perché crivellato di colpi, che non doveva parlare di “corna” con quel tipo perché quello è risaputo essere un marito molto “geloso” e di costumi e tradizioni d’altri tempi e d’altri popoli, ma degne del rispetto che si deve all’etica dell’Onore e alla Tradizione tout court. Dire insomma alla vittima del carnefice, ormai sul punto di morire: “eh! non si dovrebbe dire, lo so, però, in fondo in fondo, un po’ te la sei cercata, eh!!?! anche tu, a dar noia a quello lì, lo sapevi però!!!”.

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3 pensieri su “La libertà non è licenza assoluta: ma proprio ora?

  1. Credo che sia necessario anche un punto di osservazione diverso: c’era la volontà da parte del giornale satirico di colpire una religione e quindi Stati teocratici? Lo stato teocratico è un concetto lontano da noi Italiani sono convinta che pochi sappiano cheil nostro è uno stato laico dal 1984, e che il Vaticano è uno Stato indipendente dall’11febbraio del 1929 riconosciuto come tale da 180 paesi; credo invece che sia irrilevante saperlo, in fondo gli accordi con lo Stato italiano del 1984 permettono di avere festività religiose “molto gradite a tutti”, commercianti e operatori turistici compresi: il valore di tale accordo è sconosciuto e marginale – “ai più”. La mancanza di conoscenze specifiche porta a credere che tutto sia lecito e possibile , non è così. Capire l’Islam non è per noi! Noi abituati a ironizzare su tutto, a “mettere tutto in piazza” in nome della necessità di informazione. La libertà di stampa credo che non sia quella che viene da un giornale satirico,ci sono istituzioni che hanno un diritto e sono riconosciute,ci vuole un limite nell’espressione e nell’esercizio della professione , obiettività e coerenza. Detto questo ritengo gli attentati di Parigi atti di persone sanguinarie che sfruttano la loro stessa religione , pertanto punibili e assolutamente non giustificabili per credo religioso, fanatici da circoscrivere quanto prima e limitare il loro raggio di azione in qualsiasi modo. La religione è ben altro. Come la libertà di stampa e una corretta informazione.

  2. Argomento delicato. Delicatissimo direi. Ma, proprio per evitare teoria pura, riscrivo quanto ho commentato più volte. Cjarlie Hebdo era un tipico esempio di giornale che aveva abolito ogni confine tra libertà e licenza (licenziosità). Personalemnte trovo le sue copertine, le sue vignette, prima ancora che offensive, stupide, fuori registro, aggreppiate al mostro capitalistico dell’andare sopra le righe per avere visibilità. Tutto questo, naturalmente, non giustifica mai, in alcun modo, neppure per ischerzo, la violazione della vita. Anche se quella violazione era già incominciata ad opera dei vignettisti ledendo la dignità altrui, ben oltre il diritto di “satira”.

    1. Caro Alessandro,
      sul fatto che “la violazione della vita” fosse già cominciata “ad opera dei vignettisti” nutro qualche dubbio. La “lesione della dignità altrui” e “la violazione della vita” sono due cose differenti. La lesione della dignità esige senz’altro, nei nostri sistemi, che si possa adire presso le autorità competenti per vedersi risarciti, materialmente e/o moralmente, di quanto subito, una volta provata questa lesione, indubbiamente grave per i nostri raggiunti livelli di civilizzazione. Vie legali e, ovviamente, incruente.
      Su natura e qualità di quelle vignette, che personalmente mi ricordano molto “il Vernacoliere”, giornale satirico che non mi ha mai entusiasmato e ho spesso trovato dozzinale e raramente ricco di fantasia e vero estro artistico, ha scritto cose interessanti Paolo Valesio il 12 gennaio scorso su http://www.ilsussidiario.net. Scrive Valesio: “Quelli di ‘Charlie Hebdo’ non scrivevano e disegnavano immagini volgari – coltivavano ‘il cattivo gusto’, che è una cosa ben diversa. Dalle avanguardie modernistiche in poi (dunque, da più di un secolo) dovrebbe essere chiaro che la coltivazione del cattivo gusto è un’opzione estetica essenzialmente allo stesso livello del cosiddetto ‘buon gusto’: la parola chiave è gusto (appunto, una categoria estetica) non l’attribuzione secondaria del qualificativo ‘buono’ o ‘cattivo'”
      (https://paolovalesio.wordpress.com/2015/01/19/che-cose-un-vignettista/).
      Conoscendo la storia dell’arte del Novecento, come è nel tuo caso, caro Alessandro, le considerazioni di Valesio impongono una riflessione in più su un argomento che resta delicatissimo, hai ragione.
      Un caro saluto,
      DB

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